Ritrovare casa, la propria casa. E’ questo quello che cerchiamo ogni giorno?
Il tocco ritmico delle gocce di pioggia mi culla nel dormire la notte con serenita’ e mi sveglia al mattino spesso troppo presto per poter affermare di aver avuto una notte completa di riposo.
E’ un suono tipico dei mie due ultimi anni, dove vivo, ed e’ cosi che passa la notte e il giorno.
Quasi ogni giorno. Quasi ogni notte.
Mi immergo tra le vie della città con questo feeling e mentre aspetto il tram rabbrividisco con i vestiti bagnati alla ricerca di un riparo.
Non uso mai l’ombrello. Non ne sono abituato. Dove vivevo serviva a poco, non perché’ la pioggia non scendesse mai, ma perché’ c’era sempre un riparo. Ma ora non è più cosi.
L’ombrello non l’ho comprato perché’ sapevo che non starei rimasto troppo a lungo in questa città.
Sono giorni, settimane, mesi e forse anche un anno, che penso al futuro, sul cosa fare, ed adesso che la pandemia è legalmente finita, anche se è sempre nell’aria e miete vittime giornalmente, mi sembra d’essere più libero nel fare progetti seri per il futuro.

Ho avuto la febbre tutto il fine settimana e la prima cosa che ho fatto è stato controllare se avessi il covid, pare di no.
Il che significa che comunque di questo virus maledetto ne abbiamo tutti paura, visto che il test e’ la prima cosa che ho fatto.
Ad ogni modo sono i richiami che inconsciamente sento e vedo in tutti i momenti della giornata, che dovrebbero farmi pensare cosa fare dopo.
La pioggia e’ finita, tra le nuvole che si diradano c’è un sole che si fa spazio e i suoi raggi sono insolitamente caldi per queste latitudini in cui mi trovo.
Ma e’ fine Aprile, dovrebbe essere normale, dico io.
Come quando un bambino irrequieto che ti tira la manica e implora la tua attenzione, il sole oggi pare fare la stessa identica cosa.
È sempre un errore voltarsi dall’altra parte quando il sole chiama in quel modo.
Penso: “se fosse proprio il sole e questo calore che mi manca perennemente e non me ne sono mai accorto?”
Ignorare i richiami dei segni è un errore che non si dovrebbe mai fare.
L’ho sempre sostenuto, ma forse non mi sono mai preso seriamente quando faccio queste riflessioni.

Ripenso che non ho più vent’anni.
Non mi rassegno facilmente a questa cosa, ma la realtà è che è così e basta.
Vent’anni si sono già presentati tre volte nella mia vita.
Le circostanze della vita, ultimamente, mi ha voluto regalare la sensazione di avere più di un osso rotto, più di uno schiaffo a piene mani in faccia, più di un colpo di sfiducia verso tutto e tutti, che mi ha rattristito e depresso oltre il dovuto.
Alla fine, ho capito che qualunque cosa tu faccia, bisogna attenersi al presente, come se queste cose fossero un incidente sfortunato isolato.
“Forse e’ stato un incidente nella mia vita”, mi sono ripetuto piu’ di una volta recentemente, ma e’ una giustificazione, una copertura abbastanza buona solo per andare avanti.
“Dopotutto, per la maggior parte delle persone, le ossa rotte sono davvero pura sfortuna.”, ancora mi ripetevo per consolarmi.
Ma forse questa malinconia non andrà via così velocemente come mi aspettavo e il sogno è parte basilare dell’essere un essere umano. Giusto?
Ed allora perché’ rinunciare a sognare? Ed allora perché’, mentre mi avvicino alla mia strada, e grandi goccioline iniziano a cadere nuovamente, accumulandosi e scorrendo come un fiume lungo il tuo naso, non vado a seguire la strada che mi riporta a casa dopo tanto girovagare?
E dare un senso e la chiusura del cerchio a tutto quanto?
Per quale motivo dovrei ignorare questi raggi di sole che sono comunque un segnale chiaro e preciso?
Ed infatti non ignorerò assolutamente questi segnali le analisi che ho fatto dentro di me degli ultimi tre anni si stanno per concretizzare e si torna a casa dopo anni di girovagare nella ricerca della felicità che non ho mai trovato.
E che non sono certo che mai troverò.