Il tocco ritmico delle gocce di pioggia mi culla per dormire la notte e mi sveglia al mattino.
E’ un suono tipico dei mie due ultimi anni, dove vivo e’ cosi che passa la notte e il giorno.
Mi immergo tra le vie della citta’ con questo feeling e mentre aspetto l’autobus rabbrividisco con i vestiti bagnati alla ricerca di un riparo.
Sono giorni che penso al futuro, sul cosa fare, adesso che la pandemia e’ legalmente finita anche se e’ sempre nell’aria.
Ho avuto la febbre tutto il weekend e la prima cosa che ho fatto è stato controllare se avessi il covid, pare di no.
Il che significa che comunque di questo virus maledetto ne abbiamo tutti paura.
Ad ogni modo sono i richiami che inconsciamente sento e vedo in tutti i momenti, che dovrebbero farmi pensare cosa fare dopo.
La pioggia era finita, tra le nuvole che si diradavano un sole si faceva spazio e i suoi raggi erano insolitamente caldi per queste latitudini in cui mi trovo.
È sempre un errore voltarsi dall’altra parte quando il sole chiama in quel modo, come un bambino irrequieto che ti tira la manica e implora la tua attenzione.
Ignorare i richiami dei segni e’ un errore che non si dovrebbe mai fare.

Ma non ho più vent’anni. Non mi rassegno facilmente a questa cosa, ma la realtà è che è cosi e basta.
Ultimamente ho avuto più di un osso rotto, piu’ di uno schiaffo a piene mani in faccia, più di un colpo di sfiducia, che mi ha rattristito e depresso oltre il dovuto.
Alla fine, ho capito che qualunque cosa tu faccia, bisogna attenersi al presente, come se queste cose fossero un incidente sfortunato isolato.
“Forse e’ stato un incidente nella mia vita”, mi sono ripetuto piu’ di una volta recentemente, ma e’ una giustificazione, una copertura abbastanza buona solo per andare avanti.
“Dopotutto, per la maggior parte delle persone, le ossa rotte sono davvero pura sfortuna.”, ancora mi ripetevo per consolarmi.
Ma forse questa malinconia non andrà via così velocemente come mi aspettavo e il sogno e’ parte basilare dell’essere un essere umano. Giusto?