By Massimo Usai
La scorsa estate, ho fatto una vacanza in Italia, il mio primo viaggio internazionale dall’inizio della pandemia.
Dopo mesi di vita claustrofobica, desideravo vedere qualcosa di fresco, scrollarmi di dosso le preoccupazioni e andare oltre la monotonia del lavoro al computer.
Essere semplicemente libero e staccarmi da e-mail, video chiamate, controlli di statistiche su internet collegate al mio shop online e mangiare qualcosa fatto in un ristorante e non da me.
Ho lasciato l’aeroporto, con l’aereo che bucava le nuvole, sentendomi come una persona completamente nuova.

Sui marciapiedi di una città per me familiare, costruendo castelli imperfetti per il futuro nella mia mente, davanti a bicchieri di Aperol Spritz, dal sapore più dolce di quello che facevo io a casa.
Conseguenti delle innumerevoli camminate sotto i portici della città, alla ricerca di un refrigerio al caldo opprimente, sono stato catturato nell’osservare come la gente si comportava in questa nuova situazione.
Ho visto scorci di come era la nostra vita prima del casino sanitario ed ho quasi non rimpianto per nulla di come stavano le cose prima.
Suppongo che avessi bisogno di vedere il mare.
O forse avevo solo bisogno di vedere un po’ di blu, che fosse in acqua o in cielo, non cambiava molto.
Il blu, come colore, ha una qualità calmante: ho intravisto alcuni giorni prima il mediterraneo turchese e istantaneamente, il chiacchiericcio mentale si dissipa per regalare una nuova dimensione alla mia persona.
Ho guardato molte volte il blu-verde del mare, quasi come una tela inchiostrata da un pittore talentuoso, nel mediterraneo o il profondo cobalto dell’Oceano e ogni volta ho sentito un pizzico di eccitazione, mescolato con l’incertezza.
Per me, e non solo a me, l’acqua invita alla riflessione, e forse è per questo che ne siamo inevitabilmente attratti.
Probabile che sia solo perché sono nato in un’isola e ne sento l’influenza e il richiamo, anche se non me ne rendo conto.
Certamente ho dato per scontato questa attrazione forse perché ho un numero di presenze vicino all’acqua di cui non mi rendo neppure conto di quante esse siano.
Così, durante questo tanto blue sul cielo, sulla mia testa, durante la mia ultima vacanza, ho sentito come un richiamo alle origini che non mi sarei mai aspettato di sentire dentro il mio cuore.
Mi sono seduto su una panchina riparata da un albero che mi regalava un’ombra piacevole e mi sono preso un momento per contemplare dove volevo andare nel mio prossimo futuro e perché volevo continuare a viaggiare e farlo dentro i confini dell’Italia.
Ho cominciato a sognare d’essere in riva al mare con un cocktail e non importava neppure che mix di bevande esso fosse. L’importante e’ che fosse colorato, alcolico e con il sottofondo delle onde del mare sul bagnasciuga.

In quei momenti ho notato come le persone sono legate all’acqua in modo quasi irreversibile.
Specie se vicino all’acqua, o in mezzo ad essa, come e’ capitato a me, ci sono nate.
Mi sono ricordato cose ovvie, ad esempio come le persone hanno costruito le loro vite intorno all’acqua per secoli, e quanto siano fragili questi ecosistemi.
I nostri oceani, fiumi e laghi che ci sostengono, persino ci ripristinano, come ho visto in molti documentari sulla BBC, vanno protetti, rispettati, amati.
Così, come per miracolo, mi sono reso conto che la relazione bilaterale che abbiamo con il mare, i fiumi, i laghi, e riconosciamo che noi abbiamo la responsabilità di ripristinarli e sostenerli.
Perché dal mare arrivano le ricchezze, la nostra storia e li c’è il nostro futuro e il cuore, il nostro cuore, quando vede l’acqua, ha una pulsazione differente, e al cuore, come sapete bene, non si comanda.