by Massimo Usai
Sono un appassionato di ciclismo fin da bambino ed ho praticato per tanti anni lo sport, per poi finire quando ancora giovane non riuscii a sopportare I venti della Sardegna su strade piatte e la mancanza di gente appassionata attorno a me.
Differente quando vivendo in Piemonte, dove strade e passione, mi coinvolgevano decisamente di più.
Ad ogni modo ho visto tantissime corse, sono stato sull’Alpe D’Huez, Tourmalet, alla partenza di un Tour de France, oltre a numerose tappe del Giro d’Italia, Milano-Sanremo e numerose corse varie.
La passione arrivava da mio padre, e lui e’ colui con cui vidi il mio primo Mondiale di ciclismo.
Una gara epica, una di quelle di cui i giornali parlano ancora.
Mendrisio 1971, esattamente il 4 di Settembre.
Mendrisio e’ a solo pochi minuti dal confine italiano, ma nel 1971 voleva sul serio dire “andare all’estero” e quella esperienza e’ cosi presente nella mia memoria che e’ come se l’avessi vissuta ieri.
Vinse Eddy Merckx e questo basta per capire cosa vidi e mio padre trovo un posto esattamente sulla linea d’arrivo.
Di quella gara ho una foto di fianco a Ole’ Ritter che mi rese orgoglioso per decenni ed ancora mi mette un sorriso sulla faccia ogni volta che la vedo.
Per motivi vari, di Mondiali di ciclismo non ne avevo visti altri.
Non ricordo esattamente perche’ ho perso Mondiali non lontani da dove vivevo, ma questo di ieri nelle Fiandre, non potevo perderlo.
Prima di tutto era il numero cento della storia del ciclismo e seconda cosa era “nelle Fiandre”, nel regno del ciclismo, nella casa natale di Eddy Merckx che e’ stato un mio eroe e che rimane uno dei miei piu’ grandi eroi nel mondo dello sport.
Quando vai a vedere dal vivo una corsa ciclistica l’ultima cosa che puoi’ fare e’ un resoconto della medesima.
Quella puoi farla se la vedi in TV, ma sul circuito vivi altre emozioni e quello che vedi e senti, non arriva attraverso il monitor televisivo, hai altre sensazioni e quelle le devi vivere per capire la differenza.

Ore di attesa per vedere pochi minuti e ogni volta ti chiedi perche’ e per quale motivo l’hai fatto, ma poi vuoi rifarlo ancora.
Non sei solo, chi ti e’ vicino la pensa come te, ma se la prossima settimana ripassano vicino a casa tua, non ci pensi due volte e ti catapulti in strada per ore di attesa senza fine.
Un Mondiale vuol dire ripetere un circuito piu’ volte, quindi un’occasioen unica di vedere passare i corridori piu’ di una volta vicino a te e sentirne il fiato, vederne la fatica e scruttare i loro volti da una posizione privilegiata.
Questo Mondiale aveva un percorso particolare, un circuito a Leuven e uno nelle Fiandre e per settimane ho studiato il percorso, visionandolo di persona e controllandolo sulla cartina georgrafica.
Alla fine la mia scelta e’ stata la salita dello Smeysberg, 950 metri che ti portano dai 42 a 93 metri d’altezza, il che si tramuta in una pendenza del 16% in alcuni tratti.
Una di quelle salite che in gergo ciclistico vengono chiamati “muri”, specie questi delle fiandre.
E’ una salita storica, non famosa come il Koppenberg, ma importante in questo Mondiale.
Inoltre e’ la salita dove Eddy Merckx si allenava, ripetendola all’infinito per battere chiunque al Mondo e il solo pensare che il mio idolo sia stato li per tanti anni, mi tremavano le gambe dall’emozione.
Ci passeranno quattro volte, prima della volata finale verso il circuito di Leuven, quindi il problema per me era “a che ora essere li’?“.
Per molti giorni avevo pensato di dormire sul percorso, ma alla fine ho optato per sveglia alle 4 del mattino e cosi ho fatto, trovandomi alle 7, ed ancora buio, sul punto stabilito.
Non ero il primo, null’angolatura migliore della salita, 6 ragazzi danesi avevano passato li la notte, e stavano facendosi un caffe con attrezzatura da campo, in uno spazio cosi ristretto che erano in linea e non in circolo come solitamente si sta to ra amici.
Mi sistemo di fianco a loro, ho due panini, dell’acqua, qualche mandorla tostata e dei fichi secchi, così andrò avanti per il resto della giornata.
Ci sono tanti camper sul bordo nel percorso, sono ancora tutti spenti, hanno preso quella posizione giovedi scorso, hanno visto passare le prove degli Under23, delle donne, ma solo chi veniva 3 giorni prima aveva la chance di poter parcheggiare in quella posizione.
Le luci nei camper sono spente, dormono ancora, anche se da uno fuoriesce un odore di caffe appena fatto e una luce tenua interna fa capire che presto quelle bandiere che hanno esposto tutto attorno ai camper, verranno tenute in mano da appassionati arrivati fin la su’ per vivere un week-end entusiasmante.
Che realizeranno d’essere storico nella loro vita, solo tra qualche anno.
In particolare lo capiranno quei bambini che piano piano spuntano fuori dai camper e che cominciano a sventolare bandiere slovene, Olandesi, italiane, belghe, francesi, polacche, tedesce, lussemburghesi, danesi… hanno la mia stessa eta’, che avevo a Mendrisio 1971, non dimenticheranno questi giorni, cosi come io non ho dimenticato quei giorni.
Non ci sono bandiere inglesi, sono assenti i tifosi inglesi, si sono autoisolati e per loro e’ problematico essere in un manifestazione che fino ad alcuni anni fa avrebbero dominato con il loro tifo rumoroso e colorato.
PASSA LA CORSA

Il tempo scorre veloce e alle 13 eccoli passare i primi, i fuggitivi, coloro che si mettono sempre in mostra ai Mondiali nei primi cento chilometri.
Non finiranno la corsa, ma sono alla ricerca di un contratto, di una vetrina e i Mondiali lo sono.
Arrivano da nazioni che non producono campioni, per cui molto piu’ difficile farsi notare nel circuito internazionale e questa e’ la loro chance.
Al primo passaggio il gruppo dei candidati alla vittoria finale e’ compatto, unito, si studia e i 4’56” dei fuggitivi non impensieriscono.
Il secondo passaggio arriva venti minuti dopo, e nel mezzo di sono stati altri tre muri, di cui due nel pave’, con pendenze serie e discese pericolose. Strade di campagna che neppure coloro che lavorano in campagna usano piu’.
Si vedono i primi segnali della fatica e della distanza, le prime cadute e il gruppo ripassa non piu’ compatto.
Ci sono ritardi, alcuni importanti, alcuni con il sangue alle ginocchia, segnale che qualcosa e’ avvenuto prima.

La gente e’ ancora piu’ esaltata di prima, urla, canta, incita e lo urla parole di incoraggiamento per coloro che tifano, ma nel ciclismo applaudi e sostieni tutti.
Non e’ il calcio o altri sport, non riesci a non sostenere questi ragazzi che respirano grosso, che fanno una fatica inumana, con il sangue che cola sul sudore, con la strada impietosamente ripida che non finisce mai. Ci sono ancora 120 Km da percorrere, una distanza che seguono 140 gia’ fatti e se provate a fare solo dieci Km in bicicletta, passando perlomeno due cavalcavia, vi renderete conto di cosa stiamo parlando.
Ad ogni modo, avevo visto clima esaltanti al Tour de France, ma ieri nelle Fiandre e’ stata una vera bolgia umana.
Ore e ore di cori come se si fosse in uno stadio e quando i corridori passavano il boato era impressionante, da pelle d’oca.

I belgi erano vestiti a festa, da vincitori annunciati e nella via del ritorno a casa, vedere tutti questi barbecue improvvisati nel giardino davanti della propria casa, finire mestamente, con le bandiere non piu’ sventolanti, un attimo di tristezza me l’hanno messa.
Hanno organizzato dieci giorni di grande ciclismo, su strade leggendarie, con un pubblico tra i piu’ preparati e tifosi dello sport, al mondo.
Volevano un titolo mondiale, speravano almeno 3 o 4 di portarli a casa, ma finisce tutto solo con gli applausi del Mondo intero che ringrazia per le belle strade, la atmosfera stupenda, la perfezione di tutto, ma di titoli mondiali neppure uno si e’ fermato in Belgio, nonostante il miglior corridore al Mondo sia proprio belga e avessero la nazionale indubbiamente piu’ forte in gara.
Dispiace, ma questo e’ lo sport e queste sono le cose che portano ad inseguire il titolo il prossimo anno, in un’altra nazione, lontano da casa, alla ricerca della vendetta per questa delusione sportiva, anche se per tutto quello che ho visto, devono essere orgogliosi della loro meticolosa preparazione, organizzazione e sportività.
Complimenti al Belgio, alle Fiandre e grazie per i bellissimi dieci giorni di grande ciclismo.
Alla fine ha vinto il titolo, ripetendo la vittoria dello scorso anno a Imola, Julian Alaphilippe , e se avete visto la corsa in televisione, sapete meglio di me come e’ andata.
Quello che segue e’ una galleria di alcune foto fate ieri e vi ricordo che sono tutte con il copyright.
Remco Evenepoel scatena il pubblico sul Smeysberg