By Massimo Usai
” Fermati, facciamo una foto veloce“, suggerii. “Non tutti i giorni ci capita di passare su questo ponte ed avere questa luce, ma poi vai più veloce che puoi per scappare da questo posto.”
Sean annuì e sollevò il piede dall’acceleratore.
Le gomme rimbalzarono e le sospensioni scricchiolarono mentre uscivamo dalla strada vuota e asfaltata per la nostra destinazione e Sean posizionò la macchina sulla sabbia e terra di un colore giallino, compattata e intervallata da arbusti e cespugli resistenti alla siccità che costellavano la strada.
Scesi dalla macchina e posizionai la mia fotocamera cambiandone l’obbiettivo per una focale ampia che mi permettesse meglio una visione più ampia del paesaggio che avevo davanti agli occhi.
Fu allora che abbiamo visto un mezzo da fuoristrada, affossato nel fango della riva del fiume che stava sotto di noi.
In piedi di fronte, appoggiandosi pesantemente su una stampella, l’altra bilanciata comodamente sotto l’ascella, c’era un uomo sui sessant’anni che agitava energicamente nella nostra direzione.
Proprio mentre ci avvicinavamo una seconda persona scivolò fuori da sotto il veicolo.
“Abbiamo un serio problema“, disse l’uomo con una voce sottile. “Abbiamo sollevato il mezzo, ma non riusciamo ad annullare completamente l’attrito tra le ruote e il fango. Siamo da due ore fermi qui, voi siete i primi che passate e si fermano su quel maledetto ponte.”
Era vestito con abbigliamento chiaramente di marca, calzoni a mezza gamba in jeans, agile e abbronzato con i capelli d’argento, lunghi, molto lunghi, stretti da un elastico nella parte posteriore della testa.
Di sicuro era uno che passava molte delle sue giornate su qualche barca e il sole anche invernale l’abbronzava e gli rigava la pelle creando un’immagine da pirata.
La classica persona che vedi spesso nei bar sotto i portici davanti al porto, qualunque giorno dell’anno e ti chiedi che lavoro fanno se possono stare un qualunque martedì mattina, magari in pieno Gennaio, alle 10.30, seduti gustandosi un cappuccino, una cornetto alla crema e sfogliando il giornale locale, controllando la pagina degli avvenimenti serali in citta.
Di contro, la persona che sbucò’ da sotto la macchina era una bella donna, forse dieci anni più giovane di lui.
Si presento come sua moglie e non fu facile non farsi notare mentre osservavamo il suo corpo statuario, i capelli tra il grigio e il dorato e con un abbigliamento succinto e coperta in parte con il fango.
Io e Sean ci guardammo l’un l’altro.
Troppi libri, tanta letteratura, specialisti sull’uso di macchine fotografiche e abili nel scegliere le colonne sonore per le nostre serate a casa con amici bevendo un aperitivo, ma non eravamo all’altezza delle abilità pratiche dei due nomadi grigi che inseguivano la luce del sole e l’odore del sale proveniente dal mare, con i corpi completamente umidi dagli spruzzi creati dalle onde che sbattono sul bordo della barca.
Eravamo al Sud, sulla costa occidentale dell’isola e ci dissero che erano diretti verso il nord della medesima, per godere del colore del cielo creato dal Sole al tramonto.
Ai nostri piedi il loro Maremmano bianco ci fissò, scrutandoci e odorando il nostro abbigliamento.
La mia mente cercò di scavare nella memoria se avessi incontrato qualche altro cane dal giorno che lavai l’ultima volta i miei jeans, non ricordavo nulla di simile, ma il cane pareva avesse trovato alcune tracce d’odore interessante su di me e mi guardava come volendo una risposta alla sua domanda che chiaramente mi stava ponendo con il suo sguardo.
“Ci proverò. Abbi pazienza. Sto cercando fare mente locale.“, pensai, immaginando forse che il cane potesse leggere il mio pensiero e lasciarmi tranquillo.
Intanto Sean si era già fatto avanti nel lavoro, dirigendosi verso la ruota che pareva creare maggior resistenza nel voler uscire dal fango.
Chinandosi in ginocchio nella sabbia mista al fango, in un movimento grintoso, aveva attirato lo sguardo di tutti noi.
“No, aspetta.” Disse la donna, e con fare deciso scomparve brevemente, riemergendo portando con se una coperta sfilacciata che spiegò sul terreno sabbioso e roccioso, che rivelavano una serie di segni sporchi e macchie di peli di cane arruffati e grossolani.
Sotto un sole martellante, Sean si accovacciò e con un grugnito di sforzo e un rumore incoraggiante arrivo delle ruote iniziò a girare con fare deciso, mentre l’uomo lo spronava con frasi ottimistiche, e forse grazie alla sua struttura disperatamente sottile che lottava per tenere il suo corpo eretto sotto quel sole, gli permetteva di dare ordini a non fare quasi nulla di concreto.
“Lo farei da solo, ma non posso più, non dopo l’incidente.”
Disse, come se ci avesse letto nel pensiero, e quella sua frase ci mise in un discreto imbarazzo.
Nerboruto, ridotto a poco più di pelle e ossa, il tono dorato della pelle dell’uomo smentiva il suo vero stato di salute. Le piaghe arrabbiate e il pigmento irregolare di precedenti problemi lo marchiavano con il marchio di un uomo forse malato.
Forse era per questo che era la sua donna che stava cercando di muovere l’auto in precedenza sdraiata sotto la medesima.
“mi hanno tagliato e sventrato come un pesce”, si avventurò in un dialogo con noi “I batteri sono entrati nel mio flusso sanguigno. Non c’è niente che possano fare, cosi mi sento spesso inutile”
Lei gli si avvicino, e con fare sensuale, gli sussurrò frasi di coraggio e un bacio gli sfuggi sulle sue guance.
Facendosi sentire in colpa di aver osservato la donna, fino a quel momento, non proprio senza innocenza nei nostri pensieri.
Mi misi in ginocchio anche io e cercai di mescolare in modo uniforme, con le sole mani, la morbida sabbia calda, umida d’acqua che stagnava li da tempo e cercai di unirci più pietre potessi per rendere la pastura solida e resistente.
Come mi chinai, il peso del mio corpo affosso nel terreno e la sabbia si riversava sul bordo dei miei stivali e siccome non usavo quasi mai chiuderli completamente, cominciai a sentire la sabbia arrivare sulle dita dei piedi e all’improvviso non sentivo il solito comfort che avevo ogni volta indossavo quegli stivali che amavo cosi tanto da non indossare nessun altro tipo di scarpe da oramai tre anni.
Il nostro sforzo era stato produttivo, la macchina finalmente si sbloccava e la donna aveva la soddisfazione stampata sul suo bellissimo viso e il suo corpo bagnato dai suoi sforzi nel caldo incrollabile di quel giorno, rendeva il tutto molto sexy e incredibilmente romantico nello stesso istante.

Photo by @massimousai
Il suo ultimo sforzo fu il suo e tiro’ con forza fuori dal terreno la chiave per cambiare la ruota di scorta che aveva usato nel tentativo estremo per uscire dal quella situazione che durava da troppo tempo.
Prima di alzarsi in piedi e spazzolare i peli di cane e la sabbia umida dai suoi abiti sempre più succinti e la camicia sempre più aperta sul suo seno, ebbe il tempo di ringraziare noi che avevamo deciso di aiutarli ad uscire da quella situazione poco piacevole.
“Prometto che non racconterò mai più una barzelletta”, disse l’uomo, “su fotografi e turisti della domenica”
Come abbiamo lasciato la coppia e ripreso la strada per una nuova località da immortalare con la nostra macchina fotografica, sulla pista familiare della strada per la costa, Sean e io abbiamo sorriso dell’intera vicenda e l’incontro con questa coppia di intrepidi non più giovanissimi personaggi, ci aveva involontariamente stimolato che questa volta, quando i mesi invernali sarebbero arrivati, non ci saremmo seduti in casa davanti ai nostri computer chattando con personaggi senza senso incontrati forzatamente online, ma saremmo partiti, ci saremmo mossi, con la nostra foto camera al seguito come scusa, in cerca di sole, di luce di avventura e di persone vere.
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Than k you so much for your comment