Ho in mente un ricordo delle mia prima volta in Sicilia.
Avevo sentito parlare dei cesti che venivano calati dalle finestre per portare in casa il pane fresco o altre cose che venivano consegnate a domicilio, ma fu quando uno di questi cesti colpi la mia testa di adolescente che mi ricordai di colpo di questa cosa che mi avevano detto o forse avevo visto in qualche film.
Al tempo queste comportamenti sembravano fuori dalla modernità’ in un Paese che stava andando verso il futuro e non so neppure se queste cose sono sparite ad un certo punto della nostra esistenza, ma ora ecco che i cesti che calano dalle finestre sono ritornati di attualità’.
Non e’ più’ il garzone della panetteria che porta il pane fresco ma e’ Amazon Prime che arriva fino al cesto della signora che e’ probabilmente la figlia di quella donna che vidi nei primi anni ’70 aprire lo scurino della sua finestra e calare nella penombra il cesto in cui il ragazzo avrebbe poi infilato due grossi pani appena sfornati.
A quei tempi e in quelle zone dell’Italia del Sud, le famiglie erano numerose e quando tutti sarebbero tornati dal lavoro giornaliero, solo piatti ricchi di cibo gli avrebbe motivati ad andare la mattina dopo per un’altra giornata di duro lavoro nei campi vicini.
Non ero mai stato in Sicilia prima e quel viaggio fu talmente illuminante e pieno di episodi che ancora oggi ne ricordo ogni piccolo episodio.
Prendemmo il Treno il pomeriggio tardi dalla Stazione Centrale di Alessandria e il treno comincio un lungo viaggio verso il sud.
Genova passo’ davanti al mio finestrino, ma già’ Pisa, Roma, Napoli furono attraversate mentre dormivo pesantemente in una cuccetta del treno.
Forse eravamo in Calabria quando finalmente mi svegliai e poi lo stretto di Messina si presento’ davanti ai miei occhi.
Era già’ pomeriggio del giorno dopo, forse quasi 24 ore in treno, ma la luce del Sole in quella attraversata in nave di forse 30 minuti, era semplicemente fantastica.
Sbarcati alla Stazione Principale di Messina, il nostro mezzo di trasporto’ cambio’.
Da Messina ci arrampicammo per strade sconnesse e con tornanti e curve che la macchina faceva fatica a superare senza sbuffare e fare giri al motore superiori alla sua capacita’.
Mio Zio guidava la macchina ed eravamo li per lui, per il suo matrimonio alcuni giorni dopo.
Ed era lui che era venuto a prenderci alla Stazione.
Dopo circa quaranta minuti, la macchina si fermo’.
Parcheggiamo davanti a una piazza da dove partivano le strade del Paese, ma erano strade strette, vicoli dove potevi solo camminare, e si arrampicavano con pendenze spaventose in mezzo a case che parevano non respirare da quanto erano vicine una con l’altra. L’unico modo per proseguire era camminare.
Mi girai e vidi lo Stretto in tutto il suo splendore e Reggio Calabria sembrava che la potevi toccare con mano, anche se da l’altro lato del mare.
In continente.
Per me era strano.
In Sardegna, dove ero nato, non vedevi il Continente e per cui chiamare la Sicilia ‘un’isola”, mi suonava strano, ma era un”isola ed anche più’ grande della Sardegna.
Prendemmo i bagagli, ma io e mia sorella, che al tempo era veramente una bambina, potevamo prendere poche cose con noi, nonostante tutto la strada era cosi pendente che eravamo veramente stanchi.
Camminando per quelle strade con i balconi che si toccavano uno con l’altro, i gatti ci guardavano per capire chi eravamo e cosi facevano le donne dietro gli oscurino.
Noi non vedevamo loro, ma loro vedevano noi.
Ne sentivamo i movimenti e i respiri e mio zio ogni tanto salutava qualcuno che noi neppure riuscivamo a scorgere talmente stava nell’ombra.
Faceva caldo, era Giugno e in Sicilia e’ estate da Marzo solitamente.
Per cui si andava a letto tardi e ci si svegliava prestissimo.
Nei giorni a seguire cominciai a notare che per me, che arrivavo da una città’ dove parchi, cinema e amici, occupavano la mia giornata, non c’era molto da fare, per cui cominciai a seguire quello che era un nuovo cugino acquisito con il matrimonio del giorno dopo di mio Zio.
Ricordo che era un ragazzo con solo un anno o due più’ di me, ma era fisicamente decisamente più’ grande di me, più’ forte fisicamente e più’ scaltro di me.
Andava a scuola, ma arrotondava le sue giornate consegnando il pane di casa in casa.
Qualche volta faceva pure le notti in panificio e ascoltavo le sue storie con la bocca aperta e mi sentivo ancora più’ piccolo di quello che ero davanti a lui.
La mattina che andai a fare le consegne fu una giornata di grande esperienza di vita.
Mi sentivo come dentro un film.

Luigi, questo era il suo nome, sapeva e sentiva chi c’era dietro quelle finestre ed aveva in testa esattamente cosa doveva consegnare ad ognuna di quelle finestre.
Calava un cesto dalle finestre, non ricordo nessuno che aprii una porta, non vidi nessuno, ma in un’ora tutto il Pane che portava in due enormi ceste, fu consegnato attraverso quelle ceste.
Non prese soldi, probabilmente in qualche maniera poi il Pane sarebbe stato pagato, ma tornammo a casa senza che vidi nessuno, sentii solo dei mormorii, delle parole, come in codice si capivano tra di loro.
Parlavano perlopiù’ in dialetto e per me era veramente incompressibile.
Le donne calavano i cesti e Luigi metteva il pane. Tutto li. Ma era affasciante.
Nel ritorno a casa raccontai tutto a mia madre con entusiasmo.
Il giorno dopo mio Zio si sposo’ e la mattina seguente lasciammo la Sicilia in Direzione Palermo e poi in nave verso le nostre vacanze estive in Sardegna.
Non son mai più’ stato in quel paese, non ho mai più’ rivisto Luigi, sono passati 45 anni ed ancora ricordo ogni minimo particolare, la granita del Paese, il matrimonio ed anche il profumo di quei luoghi.
Ma la lezione che ne traggo oggi non e’ solo di curiosità’ e di sorpresa nell’avere questi ricordi chiari ancora nella mia mente.
Oggi, specie in relazione ai tempi che stiamo vivendo, penso che le relazioni di vicinato erano e sono ancora molto importanti.
Con i tuoi vicini condividi il gusto del cibo, della risata e cerchi in loro la sicurezza di cui hai bisogno per sentirti sicuro. Loro ricercano la stessa identica cosa.
E’ come un gruppo silenzioso che si autoprotegge.
Il cesto era ed e’ un modo igienico e un segno di “distinguo” nel consegnare e ricevere il cibo e in questa nuova realtà’ ci insegna che forse non e’ necessario uscire di casa per avere il cibo di cui abbiamo bisogno e che in passato questa era la norma ed e’ molto più’ sicuro anche dell’aprire la porta di casa.
Che sia il caso di rimettere in usanza questa tradizione del passato?
Oppure in quei paesi sulle montagne del Sud d’Italia questa tradizione non e’ mai venuta a mancare?
Massimo
Secondo me oramai è un ricordo del passato, purtroppo, tranne qualche raro caso ma era una bellissima usanza.
Purtroppo ormai sono un ricordo 🙁 ma comunque è stata una bellissima usanza.
Questo salto nel tempo che non c’è più o forse c’è ancora in qualche paesino .. sara lo stesso che avranno i nostri nipoti ascoltando le storie dei nostri figli?
Questa vita sembra ciclica; nulla di nuovo, solo adattato a diverse epoche storiche.
Luigi ed il corriere di Amazon, magari anche lui si chiama Luigi, sono la stessa persona ?! probabilmente si.
Cambiano i valori dei vari Luigi e probabilmente ne sono cambiate le aspettative morali, economiche e politiche.
Percepisco che siamo in una società che chiede sempre di più di più di più ma forse é il caso di fermarsi e godersi il momento e non la frustrazione dell’ambizione.